martedì 25 novembre 2014

End of the rainbow


 
Un gigante che veste i panni di un gigante. È Monica Guerritore sul palco del Teatro Eliseo di Roma, una grandissima interprete che, sotto la regia di Juan Diego Puerta Lopez, ripercorre le ultime settimane  di vita di Judy Garland, celeberrima attrice e cantante holliwoodyana. End of the rainbow, tratto dal musical biografico firmato da Peter Quilter, celebra l’artista e racconta la donna, una femminilità complessa, nuda e cruda, quella che, spesso, si cela dietro la patina laccata del palcoscenico.

È il Natale del 1946; Judy Garland alloggia all’Hotel Ritz Carlton di Londra e, in compagnia del giovane amante Mickey Dins (Alessandro Riceci)  e del fedele amico e pianist Anthony ( Aldo Gentileschi), si appresta a pianificare la tournèe londinese. Tutto scricchiola già a partire dai primi attimi: Judy interpreta se stessa, la parodia di una quaranteseienne stanca e perduta, una gallina dalle uova d’oro prigioniera di uno show business popolato da sciacalli. Le vicende si snodano in due atti, lo svolgimento della storia è brutalmente fedele agli accadimenti di quelle fatidiche sei settimane che precedettero la morte della grande artista; un tempo scandito da alcool e anfetamine, dal disperato bisogno di una umanità negata, dalla bella mostra della corruzione, tanto emotiva quanto fisica.

Monica Guerritore sperimenta una nuova fase della propria gloriosa carriera, iniziata all’età di sedici anni sotto la guida di Giorgio Strheler, cimentandosi in una vera e propria prova da attrice, a dimostrazione che le conferme arrivano a qualunque età. Canta, sfoggia una voce calda e importante, entusiasmando il chiassoso pubblico del Teatro Eliseo  quando intona For once in my life, la canzone che Judy dedicò a Mickey, il primo uomo che la fece sentire amata. Magistrale tanto nell’ironia quanto nella disperazione, Monica Guerritore si muove abile fra gli spazi comunque obbligati del teatro borghese; è lei a determinare il ritmo e la temperatura della scena, ogni evoluzione è calibrata da quella intensità interpretativa, la stessa che permette ai due co-protagonisti di emergere solo quando si ritrovano soli sul palcoscenico.

Arredamenti sontuosi, il bianco panna e l’oro zecchino vestono la suite del Ritz che fa da sfondo alla narrazione; una ricostruzione fedele, minuziosa e generosa di particolari ricercati. I cambi di ambientazione portano in scena la piccola orchestra che suona dal vivo e che conferisce a 360° la dimensione del varietà, dell’avanspettacolo, sospendendo l’attenzione del pubblico in una dimensione di metateatro fruibile e convincente.
 
Pamela Del Grosso
11 dicembre 2013

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