Un gigante che veste i panni di un gigante. È Monica
Guerritore sul palco del Teatro Eliseo di Roma, una grandissima interprete che,
sotto la regia di Juan Diego Puerta Lopez, ripercorre le ultime settimane di vita di Judy Garland, celeberrima attrice
e cantante holliwoodyana. End of the rainbow, tratto dal musical biografico
firmato da Peter Quilter, celebra l’artista e racconta la donna, una
femminilità complessa, nuda e cruda, quella che, spesso, si cela dietro la
patina laccata del palcoscenico.
È il Natale del 1946; Judy Garland alloggia all’Hotel Ritz
Carlton di Londra e, in compagnia del giovane amante Mickey Dins (Alessandro
Riceci) e del fedele amico e pianist
Anthony ( Aldo Gentileschi), si appresta a pianificare la tournèe londinese.
Tutto scricchiola già a partire dai primi attimi: Judy interpreta se stessa, la
parodia di una quaranteseienne stanca e perduta, una gallina dalle uova d’oro
prigioniera di uno show business popolato da sciacalli. Le vicende si snodano
in due atti, lo svolgimento della storia è brutalmente fedele agli accadimenti
di quelle fatidiche sei settimane che precedettero la morte della grande
artista; un tempo scandito da alcool e anfetamine, dal disperato bisogno di
una umanità negata, dalla bella mostra della corruzione, tanto emotiva quanto
fisica.
Monica Guerritore sperimenta una nuova fase della propria
gloriosa carriera, iniziata all’età di sedici anni sotto la guida di Giorgio
Strheler, cimentandosi in una vera e propria prova da attrice, a dimostrazione
che le conferme arrivano a qualunque età. Canta, sfoggia una voce calda e
importante, entusiasmando il chiassoso pubblico del Teatro Eliseo quando intona For once in my life, la canzone
che Judy dedicò a Mickey, il primo uomo che la fece sentire amata. Magistrale
tanto nell’ironia quanto nella disperazione, Monica Guerritore si muove abile
fra gli spazi comunque obbligati del teatro borghese; è lei a determinare il
ritmo e la temperatura della scena, ogni evoluzione è calibrata da quella
intensità interpretativa, la stessa che permette ai due co-protagonisti di
emergere solo quando si ritrovano soli sul palcoscenico.
Arredamenti sontuosi, il bianco panna e l’oro zecchino
vestono la suite del Ritz che fa da sfondo alla narrazione; una ricostruzione
fedele, minuziosa e generosa di particolari ricercati. I cambi di ambientazione
portano in scena la piccola orchestra che suona dal vivo e che conferisce a
360° la dimensione del varietà, dell’avanspettacolo, sospendendo l’attenzione
del pubblico in una dimensione di metateatro fruibile e convincente.
Pamela Del Grosso
11 dicembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento